Mi piace pensare che, in fondo, ognuno di noi percorra un viaggio unico, fatto di scelte, sfide e scoperte inattese. Per Suzanne Giesemann, questo viaggio è iniziato sotto la solida disciplina militare e si è trasformato in un percorso spirituale straordinario. Forse ti starai chiedendo come sia possibile passare da un ruolo di alto profilo nella Marina a una vita dedicata alla connessione con il mondo spirituale. Ed è proprio ciò che esploreremo qui: un racconto di coraggio, fede e ricerca interiore, che spero possa ispirarti a guardare la realtà da una prospettiva più ampia.
In questa avventura, ti parlerò di come Suzanne abbia lasciato la sua carriera militare per seguire una strada completamente diversa, scoprendo di avere capacità di un’evidential medium. Non solo: vedremo come questo cambiamento radicale le abbia permesso di trasmettere messaggi di speranza a chiunque cerchi un contatto con i propri cari defunti o desideri semplicemente approfondire il senso della vita. Ti accompagnerò attraverso momenti decisivi, ricordi toccanti e incontri speciali, così potrai comprendere come la forza di volontà e la determinazione possano davvero trasformare il nostro percorso.
Preparati a un’immersione in un racconto profondo e coinvolgente: parleremo di spiritualità, amore che trascende la vita fisica, e di come i momenti di crisi possano portare all’apertura di prospettive nuove e inaspettate. Mettiti comodo e lasciati guidare: spero che la storia di Suzanne Giesemann possa offrirti, almeno in parte, la stessa ispirazione che ha dato a me.
L’inizio di un sogno
Quando penso alla giovinezza, immagino un periodo in cui i sogni sembrano sconfinati e pieni di entusiasmo. Così è stato anche per Suzanne Giesemann, cresciuta con una grande ammirazione per il fratello militare e un’aspirazione chiara: entrare nelle forze armate. Fin da piccola, nutriva la volontà di servire il proprio Paese e di vivere un’esistenza piena di significato.
La parte che trovo più affascinante è come questa ambizione non fosse solo una semplice attrazione per l’uniforme o la disciplina, ma una vera e propria passione per l’idea di mettersi al servizio. Ho sempre pensato che chi sceglie la vita militare abbia un profondo desiderio di dare il meglio di sé agli altri. E, in effetti, per Suzanne, questo si sarebbe rivelato solo l’inizio di un percorso molto più ampio.
La passione per la leadership
È interessante vedere come, già dai primi passi nel mondo militare, Suzanne abbia mostrato una forte inclinazione alla leadership e una notevole resistenza mentale. I racconti di amici e colleghi descrivono una persona focalizzata, meticolosa e capace di gestire la pressione con sorprendente disinvoltura.
Credo che proprio questa capacità di restare lucida, anche nelle situazioni più complesse, le abbia aperto molte porte. Quando parliamo di leadership, infatti, non si tratta solo di dare ordini, ma di saper ispirare fiducia. Per un ufficiale di comando, questa qualità risulta essenziale, e sembra che Suzanne l’avesse innata.


Una carriera straordinaria
La carriera militare di Suzanne Giesemann è stata caratterizzata da tappe di grande prestigio. Ha avuto la fortuna di lavorare al fianco di figure di spicco, in missioni e contesti ad alta responsabilità. Ogni volta che leggo la sua biografia, rimango colpita dal suo ruolo come assistente del presidente dei capi di stato maggiore: un incarico che richiede competenze tecniche, abilità diplomatiche e un profondo senso dell’etica.
Il valore dell’eccellenza
Suzanne è stata comandante nella Marina Militare e ha conseguito un master in Sicurezza Nazionale. Nel corso della sua carriera ha ricoperto ruoli di alto livello, tra cui quello di ufficiale comandante e assistente del Presidente dei Capi di Stato Maggiore.
Essere l’assistente di un leader militare di alto livello comporta un impegno costante. Immagina di dover garantire, ogni giorno, che tutto funzioni alla perfezione: dagli appuntamenti ai briefing, dai documenti riservati fino alla gestione di situazioni improvvise. Significa vivere costantemente sotto i riflettori e non concedersi errori.
Suzanne ha dimostrato di saper mantenere standard di eccellenza altissimi, guadagnandosi la stima di colleghi e superiori. Credo che questa esperienza le abbia insegnato un rigore straordinario, che poi si sarebbe rivelato fondamentale nella sua successiva transizione.
L’onore di servire
Se chiedi a chiunque abbia servito in un ruolo di comando, probabilmente ti parlerà di quanto sia gratificante, ma anche gravoso, avere la responsabilità del benessere di altre persone e del successo di missioni cruciali. Per Suzanne, essere scelta per un incarico di tale portata è stato un vero onore. Questo senso di responsabilità e di orgoglio nel proprio lavoro, però, non la metteva al riparo dalle sorprese della vita, che a volte scombussolano ogni certezza.

L’11 settembre e il momento di svolta
Ci sono date che rimangono scolpite nella memoria collettiva. L’11 settembre 2001 è una di queste. Quella mattina, Suzanne si trovava in volo sopra l’Oceano Atlantico quando apprese del primo attacco al World Trade Center.
Inizialmente sembrava un incidente. Ma quando giunse la notizia del secondo aereo, fu chiaro che si trattava di un atto deliberato. Il presidente ordinò il rientro immediato e sorvolando Manhattan, Suzanne vide il fumo innalzarsi dagli edifici. L’arrivo al Pentagono fu uno shock: l’edificio era in fiamme. Camminando verso il cratere causato dall’impatto, Suzanne si ritrovò a riflettere sul destino e sull’imprevedibilità della vita. Quelle domande si fecero strada dentro di lei: perché alcuni vengono risparmiati e altri no?
Il risveglio interiore
Tornata a casa, Suzanne iniziò a riflettere su ciò che voleva davvero dalla vita. Era come se, di fronte alla tragedia dell’11 settembre, avesse avvertito con maggiore intensità il desiderio di seguire i propri sogni più intimi. Ricordo di aver letto un suo commento in cui sottolineava come quell’evento le avesse ricordato che la vita può cambiare in un battito di ciglia. E così nacque in lei la decisione di lasciare la Marina per inseguire nuove aspirazioni. Prese quindi una decisione: la vita è troppo breve per non vivere i propri sogni. Decise di mollare gli ormeggi, letteralmente e metaforicamente, per inseguire un nuovo orizzonte.
Ty aveva iniziato la carriera militare nel 1968, per poi diventare comandante su diverse navi. Dopo vent’anni esatti di servizio, si congedò e, il giorno dopo, salpò con Suzanne. Insieme esplorarono il Canada, le Bahamas, e attraversarono l’Oceano Atlantico. Ogni giorno era una nuova avventura, e anche in mezzo al mare non mancavano i contatti con la famiglia, grazie alle email.

La decisione di vivere i sogni
Spesso, quando si parla di cambiamenti radicali, ci si aspetta che arrivino in modo graduale, ma per Suzanne Giesemann la consapevolezza fu repentina. Pochi mesi dopo l’11 settembre, con un ventennio di servizio militare alle spalle, decise di ritirarsi dalla Marina. Insieme a suo marito Ty, imbarcò su una barca a vela e salpò verso l’ignoto.
L’oceano come metafora
L’immagine di questa coppia che lascia il porto per avventurarsi in mare aperto è, a mio avviso, la perfetta metafora del coraggio. Il mare può essere imprevedibile, con tempeste improvvise e correnti insidiose, ma offre anche una straordinaria sensazione di libertà. Forse è proprio quella libertà che Suzanne stava cercando: la possibilità di esplorare senza vincoli e di trovare risposte ai quesiti più profondi.

Navigare verso se stessi
Credo che ogni viaggio fisico, specialmente se compiuto in un ambiente così vasto come l’oceano, diventi anche un viaggio interiore. Per Suzanne, veleggiare significava sgomberare la mente dagli obblighi quotidiani e aprirsi alla riflessione, al semplice contemplare il sorgere del sole sul mare infinito. È in queste pause che spesso la vita ci svela nuove sfumature e ci indica direzioni che prima non avevamo nemmeno considerato.

La scoperta di un nuovo mondo spirituale
Proprio durante uno di questi viaggi, Suzanne si imbatté in un libro sull’aldilà, tema che, all’epoca, le era completamente estraneo. Era abituata a ragionare in termini di protocolli e procedure, ma la lettura di quel testo sembrò risvegliarle qualcosa dentro.
I segnali silenziosi
Ho letto che, in quel periodo, Suzanne iniziò a notare piccoli segnali: coincidenze, sensazioni di presenza, intuizioni che non poteva spiegare con la semplice logica razionale. Saprai anche tu quanto possa essere affascinante e, insieme, destabilizzante, trovarsi improvvisamente a mettere in dubbio le proprie certezze. Eppure, è proprio da queste domande che nascono le grandi trasformazioni.
Una sete di comprensione
Più approfondiva il tema della vita oltre la morte, più Suzanne sentiva crescere in sé un desiderio di conoscere, di sperimentare, di comprendere se davvero fosse possibile continuare a comunicare con chi non c’è più. Fu qui che iniziò a prendere forma la sua futura vocazione di medium. Ma le prove più difficili dovevano ancora arrivare, e avrebbero dato alla sua ricerca una spinta decisiva.

Un sogno profetico e la perdita di una persona cara
Ma fu durante una tappa in Croazia che accadde qualcosa che cambiò per sempre la loro vita. Suzanne ebbe un sogno vivido: Susan, la figlia di Ty, le apparve sorridente dicendo “il bambino e io stiamo bene”. Quel sogno così nitido la spinse a voler scrivere subito a Susan.
Ma poco dopo arrivò una terribile notizia. Suzanne e Ty ricevettero un’email che chiedeva loro di telefonare a casa con urgenza. Tornati sulla terra ferma e trovato il primo telefono ecco la terribile notizia. Susan era stata colpita da un fulmine mentre attraversava la base militare, perdendo la vita insieme al bambino che portava in grembo. Era incinta di sei mesi.


La notizia sconvolgente
Devastati dal dolore, Suzanne e Ty abbandonarono momentaneamente la barca in Croazia per tornare a casa. Il loro cagnolino Rudy fu una consolazione preziosa durante quel viaggio straziante.


“She is not Susan”
La perdita di Susan colpì Suzanne in modo profondo.
Suzanne decise di entrare da sola nella sala dove si trovava la bara di Susan. Indossava l’uniforme blu dei Marines, quella che conosceva bene. Riconosceva la divisa, sì… ma non riconosceva Susan. Fu un momento che le cambiò la vita.
Guardandola, ripeté più volte, quasi in un sussurro, come un mantra: “Quella non è Susan… quella non è Susan.” Non era solo lo shock del lutto a parlare, era la consapevolezza profonda che ciò che aveva davanti era solo il corpo fisico, non la persona che aveva conosciuto — quella ragazza piena di energia, di vitalità, di luce. In quel momento capì: ciò che rendeva Susan ciò che era… non poteva essersi spento del tutto. Doveva esserci ancora, da qualche parte.
Fu lì, in quell’attimo sospeso nel tempo, che Suzanne sentì nascere dentro di sé una missione: scoprire se l’aldilà esiste davvero. Aveva bisogno di sapere se Susan era ancora presente, in qualche forma. Doveva trovare un medium, qualcuno in grado di comunicare con lei. Ma non sapeva come Ty avrebbe reagito a tutto questo.

L’eco di una domanda
La perdita di una persona cara è già di per sé devastante, ma per Suzanne, che aveva iniziato a credere in una dimensione ultraterrena, significava anche trovarsi davanti a una domanda impellente: Susan esiste ancora da qualche parte? Il suo sogno era forse un segnale? Questa tragica esperienza sarebbe stata il catalizzatore che l’avrebbe spinta a cercare risposte nel mondo della medianità.
Suzanne iniziò a meditare giornalmente con il solo scopo di trovare la sua Suzanne e con l’unica domanda “Susan, where are you?”.

Segnali dall’aldilà
Dopo i funerali, tornarono alla loro barca, ancorata in Croazia. Quella barca era la loro casa: avevano venduto tutto, casa e auto comprese. Prima del volo, Suzanne acquistò tre libri sull’aldilà, gli unici disponibili in inglese, e iniziò a leggerli Un giorno, mentre navigavano lungo la costa croata in una giornata grigia e senza vento, Ty osservava l’orizzonte dal timone, mentre Suzanne leggeva uno di quei libri. Ad un tratto, Ty notò qualcosa di strano.
«Suzanne, hai visto quella farfalla gialla? Ci sta seguendo da due giorni… Cosa ci fa qui, in mezzo al mare?»
Lei alzò lo sguardo, incuriosita. Era dicembre, erano sull’Adriatico. Una farfalla gialla lì, in quel periodo dell’anno, era un’anomalia. Sfogliando il libro, Suzanne trovò una frase che la colpì come un lampo: “Il mondo dello spirito invia spesso segnali della sua presenza. A volte, sono sottili come una farfalla gialla.”
La coincidenza era troppo forte per essere ignorata.
Una farfalla gialla
Era passato solo una settimana dal funerale di Susan e il dolore era ancora così vivo da togliere il respiro. Suzanne e Ty avevano deciso di fare una passeggiata su un piccolo sentiero di montagna, su quell’isola croata dove si erano fermati. Di solito camminavano fianco a fianco, ma quel giorno qualcosa li teneva distanti, ognuno immerso nel proprio silenzio.
Durante tutta la salita, Suzanne ripeteva tra sé: “Susan, se ci sei, mostrami un segno… fammi capire che sei ancora qui con noi.” Ma quando arrivò in cima, si sentì improvvisamente svuotata. Nessun segnale. Nessuna certezza. Solo la sensazione di essersi illusa.
Ty si allontanò lungo il sentiero in discesa, e Suzanne si voltò per guardare il panorama. Era sul punto di arrendersi, col cuore pesante, quando notò un movimento alla sua sinistra. Una farfalla gialla — la stessa che avevano visto nei giorni precedenti — si staccò dal nulla e volò dritta verso di lei. Le girò intorno in cerchio, si posò per un attimo sul suo petto, e poi si lanciò lungo il sentiero… seguendo Ty.
In quell’istante, tutto fu chiaro. Non era frutto del caso. Quel segno era reale. Era Susan. Era il suo modo di dire: “Ci sono ancora. Sono con voi.”
Fu lì che Suzanne capì che non poteva più ignorare tutto ciò. Doveva trovare una medium. Doveva sapere con certezza se Susan era ancora presente in qualche forma. E così fece. L’esperienza che visse fu così intensa, così carica di dettagli e prove, da non lasciare alcun dubbio né a lei né a Ty: Susan era davvero ancora lì, in un’altra dimensione, ma viva in spirito.

L’incontro con una medium che cambiò tutto
La svolta arrivò quando Suzanne decise di mettersi in contatto con una medium considerata tra i più affidabili. Ho sempre trovato affascinanti i racconti di questa prima lettura dettagliata, in cui emersero elementi che nessun estraneo avrebbe potuto conoscere. Per Suzanne fu come spalancare una porta su un mondo nuovo, in cui la speranza di rivedere un giorno i propri cari non era più solo un desiderio, ma una prospettiva concreta.
Un’esperienza di stupore
Immagina di sederti davanti a qualcuno che non hai mai incontrato prima, e questo sconosciuto inizia a dirti particolari intimi della tua vita, nomi, abitudini, persino frasi che ti rievocano ricordi precisi. Deve essere stato travolgente, nel senso più positivo del termine. In quel momento, Suzanne comprese che non era più possibile negare l’esistenza di una connessione tra il mondo fisico e quello spirituale.
Il potere delle evidenze
Si parla infatti di “evidential mediumship” proprio perché la validità dei messaggi non si basa su affermazioni generiche, ma su riscontri precisi e verificabili. In questo, l’approccio militare di Suzanne – scrupoloso, basato sui dati e sui fatti – trovò una corrispondenza perfetta. Con mente aperta, ma anche con senso critico, si rese conto che le prove erano troppe per essere frutto del caso.
I primi passi nel mondo spirituale
Non dev’essere stato semplice, per due persone abituate a una mentalità pragmatica, sedersi di fronte a qualcuno che affermava di poter parlare con i defunti. Eppure, le informazioni precise che emersero da quella seduta li lasciarono senza parole. Quella fu la conferma di cui avevano bisogno: qualcosa di reale si stava manifestando attraverso la medianità, offrendo dettagli che nessun estraneo avrebbe potuto conoscere.
Suzanne iniziò a studiare seriamente, seguì corsi, partecipò a seminari, e arrivò fino all’Arthur Findlay College in Inghilterra, uno dei centri più prestigiosi per lo studio della medianità.
Segnali dal mondo spirituale
Uno degli aspetti più interessanti della ricerca spirituale è come i messaggi possano assumere forme sottili, diverse dal linguaggio verbale. Può trattarsi di oggetti ricorrenti, luci che si accendono da sole, melodie in momenti inattesi. È come se il mondo invisibile trovasse modi creativi per farsi notare. Suzanne iniziò a porre maggiore attenzione a questi dettagli, a considerarli possibili indicazioni di un disegno più grande.
La conferma della connessione
Col passare del tempo, i segnali si moltiplicarono. Ogni nuova esperienza rafforzava in Suzanne la convinzione che la morte non fosse la fine, ma un passaggio verso una realtà diversa, in cui l’amore e la coscienza continuano a esistere. Parallelamente, cresceva in lei la voglia di studiare e di affinare la propria sensibilità, per diventare una sorta di ponte tra le due dimensioni.

Janet Nohavec
Già autrice pubblicata, Suzanne sentì dentro di sé la spinta a raccontare tutto. Scrisse un libro sul mondo della medianità. E poco dopo, la nota medium Janet Nohavec la contattò chiedendole di scrivere la sua storia. Suzanne non poté dire di no.
Un amico di famiglia, Stepen Upton, una volta le disse: “Possiamo dire alla gente che è tutto vero, ma finché non vivono un’esperienza personale, difficilmente cambieranno idea.” E aveva ragione. Solo vivendo una connessione profonda con lo spirito di una persona cara, si può davvero comprendere che la morte non è la fine.
Suzanne stessa sentì il bisogno di fare quell’esperienza. Partecipò a una lezione tenuta da Janet, dove veniva insegnato come mettersi in contatto con il mondo dello spirito in modo strutturato. Quel metodo, basato su passaggi precisi — chiedere nome, età, causa del decesso, caratteristiche della persona — le sembrò perfettamente logico, specialmente per lei che proveniva da un background militare, dove ordine e disciplina sono tutto.
Alla fine del corso, Janet invitò alcune persone a fare una dimostrazione pratica. Indicò Suzanne: “Perché non vieni tu? Puoi farcela, ne sono sicura.” Un po’ sorpresa ma determinata, Suzanne si alzò e si fece avanti…

La prima esperienza nel percepire uno spirito
Durante una delle lezioni con Janet, Suzanne fu invitata a mettersi in gioco in una dimostrazione pratica. Janet la incoraggiò con tono gentile:
«Suzanne, vieni qui davanti, se ti va. Concentrati sull’energia che percepisci dietro di te… c’è già qualcuno lì. Chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e, quando ti senti pronta, dimmi: ti sembra una presenza maschile o femminile?»
Suzanne, con calma, rispose:
«Sento che è un uomo.»
«Esatto,» confermò Janet. «È un uomo. Adesso cerca di andare un po’ più a fondo. Puoi percepire com’è morto?»
Suzanne rimase in silenzio un attimo, poi disse:
«Ho sentito la parola ‘cancro’… e mi è sembrata giusta.»
«Benissimo. Ora chiedigli di mostrarsi meglio, di raccontarti qualcosa di sé. Come lo visualizzi? Quanti anni ti sembra che avesse quando è passato nel mondo dello spirito?»
«Mi è apparsa la cifra 70,» rispose Suzanne.
«Ci siamo quasi. E secondo te che tipo di lavoro faceva? Aveva mani curate da ufficio o mani segnate da un lavoro manuale?»
Suzanne esitò un attimo, poi sentì una parola chiara nella sua mente:
«Ingegnere. L’ho sentito forte e chiaro.»
Una persona nel pubblico alzò la mano: «Credo che sia mio padre.»
Janet sorrise: «Ottimo inizio, Suzanne. Continua a mantenere il contatto. C’è qualcosa di significativo riguardo a un compleanno a fine marzo, intorno al 30. Ti dice qualcosa?»
La persona confermò: «Sì, è giusto.»
«Perfetto. E ora vedo qualcosa legato ai cappellini da baseball o alla collezione di cappelli. Era qualcosa di importante per lui?»
«Sì, assolutamente. Li collezionava.»
Janet le chiese un ultimo sforzo:
«Suzanne, prova a ricevere ancora un dettaglio. Vai benissimo.»
Suzanne si concentrò, poi disse:
«Vedo una chioma bianca, capelli folti, non era calvo…»
«Sì, aveva dei capelli bellissimi!» esclamò la persona nel pubblico.
«E un’ultima immagine,» aggiunse Suzanne, «vedo delle scarpe lucide di vernice nera… e sento le parole “Twinkle Toes”.»
La risposta fu immediata:
«Oh mio Dio… mio padre era un ballerino da sala e mia madre lo chiamava sempre “Twinkle Toes”!»
L’intera sala fu colpita dalla precisione delle informazioni. Janet annuì:
«Questo è quello che chiamiamo prova. Hai fatto un lavoro eccellente, Suzanne.»
Quella lezione fu per Suzanne una vera svolta. Ogni volta che partecipava a uno di quegli incontri, riusciva a ricevere messaggi per i compagni da persone a lei totalmente sconosciute, ma con dettagli che nessuno avrebbe potuto inventare. Questo la colpiva profondamente. Non era il tipo di persona da fare le cose a metà. Sentì il bisogno di andare a fondo.
Si rivolse a Janet con decisione:
«Voglio studiare dove hai studiato tu. All’Arthur Findlay College, in Inghilterra.»
Janet sorrise, ma la avvertì:
«Va bene… ma preparati. Ne uscirai una persona completamente diversa.»
Aveva ragione.

La trasformazione di Suzanne Giesemann
Decidere di diventare medium a propria volta non è un passo che si fa alla leggera. Eppure, Suzanne sentì dentro di sé un richiamo potente. Uno dei passi più importanti fu proprio la decisione di iscriversi all’Arthur Findlay College in Inghilterra, una delle istituzioni più autorevoli per lo studio della medianità. Lì, poté apprendere tecniche avanzate e confrontarsi con insegnanti e studenti provenienti da ogni parte del mondo.
Lo studio e la disciplina
Mi ha sempre colpito il parallelismo tra la sua formazione militare e il rigore richiesto per lo sviluppo delle capacità medianiche. Contrariamente a quanto si possa pensare, non basta avere un’inclinazione naturale: occorre esercizio, conoscenza, e la volontà di superare i propri limiti. Suzanne affrontò questo percorso con l’umiltà di chi sa di avere tanto da imparare, ma anche con la determinazione di chi non si ferma di fronte a nulla.
Dalla Marina alla medianità
Questo passaggio, in apparenza così drastico, è il fulcro della storia di Suzanne Giesemann. Dimostra come ognuno di noi possa avere più vite all’interno di una sola esistenza. Iniziare in un contesto formale e pragmatico per poi entrare in un ambito spirituale e mistico non è un tradimento di se stessi, ma un’evoluzione. In fondo, la disciplina e la ricerca della verità sono valori comuni a entrambe le sfere.

L’Arthur Findlay College, un’antica residenza donata allo Spiritualist National Union per diventare un centro d’insegnamento, rappresentò per Suzanne una vera trasformazione interiore. Al ritorno dall’Europa, era entusiasta di mettere in pratica ciò che aveva appreso, ma lei e Ty stavano per salpare per un nuovo viaggio in barca. Riuscì a fare solo cinque letture prima della partenza.
E quelle cinque bastarono per farle capire che stava davvero lavorando come una vera medium. Anche se faticava ancora a vedersi in quel ruolo, sapeva di aver stabilito un legame reale con il mondo dello spirito. Ma una parte di lei temeva che, partendo per mare, avrebbe potuto perderlo.
Fu allora che lo il mondo spirituale trovò il modo di rassicurarla…
Il potere della parola e della poesia
Una mattina, mentre si trovava sulla barca, Suzanne si sedette per meditare. Era tranquilla, immersa nei suoi pensieri, quando Ty la raggiunse, notando che aveva pianto.
«Tutto bene, tesoro? Pensavo di averti sentita piangere…»
«Sì… credo di aver scritto una poesia.»
Ty la guardò sorpreso: «Cosa intendi con “credo”?»
«Le parole mi sono arrivate di getto, ho iniziato a scrivere di impulso e… erano in rima. Tre pagine intere. Non so spiegartelo.»
«Tre pagine? Ma sei rimasta lì solo qualche minuto!»
«Lo so… è per questo che stavo piangendo. Possiamo leggerla insieme?»
Quando Suzanne lesse ad alta voce la poesia, entrambi si commossero profondamente. Quelle parole non sembravano venire da lei: erano troppo perfette, piene di un’emozione che superava la logica. Il giorno dopo accadde di nuovo. E poi ancora. Ogni mattina, durante la meditazione, riceveva nuove poesie. Parole che sembravano arrivare da una fonte esterna, spirituale. Se tentava di controllare o modificare il flusso, tutto si interrompeva.
Alla fine, Suzanne si ritrovò con centinaia di poesie tra le mani. In tanti le suggerirono di pubblicarle, magari in un libretto da offrire a chi stava affrontando un lutto. Decise di farlo. Ma per realizzare il progetto aveva bisogno di sostegno economico.

Pensò subito a un vecchio amico, Ranger Jones, oggi imprenditore di successo. Lo conosceva dai tempi del servizio militare: avevano affrontato situazioni difficili insieme, sotto il comando del Presidente dei Capi di Stato Maggiore. Se c’era qualcuno in grado di capire il suo impegno e la sua integrità, era lui. Ma raccontargli che ora parlava con gli spiriti non era esattamente facile.
Quando si incontrarono, Suzanne andò dritta al punto.
«Ranger, quello che sto per dirti è l’opposto di tutto ciò che abbiamo vissuto insieme. Potrebbe sorprenderti… ma sento di dovertelo raccontare. Dopo la morte di Susan, ho incontrato un medium. L’esperienza è stata così reale che non ho potuto ignorarla. Ora… sono io a fare quel tipo di lavoro. Siedo con le persone e percepisco la presenza dei loro cari defunti. Do loro prove, messaggi. So che sembra assurdo, soprattutto detto da me. Ma tu mi conosci.»
Ranger la guardò con intensità. Rimase in silenzio un momento, poi disse:
«Se non ti conoscessi, se non sapessi chi sei, penserei che mi stai prendendo in giro. Ma ti conosco. Conosco la tua integrità, il tuo cuore. Voglio saperne di più.»
Il sollievo di Suzanne fu immenso. Aveva temuto un rifiuto, una risata nervosa o un giudizio. Invece, vide davanti a sé un uomo disposto ad ascoltare. Spense il cellulare e le diede tutta la sua attenzione. In quel gesto, lei sentì un grande “grazie” sussurrato dal mondo dello spirito.
Fu uno di quei momenti in cui Suzanne si ritrovò a sussurrare: “Thanks, God.” Da allora, continuò a offrire letture e le richieste aumentarono rapidamente. Il bello dei nuovi incontri era che non conosceva le persone che si rivolgevano a lei, non sapeva nulla delle loro vite, né di chi speravano di contattare. Li accoglieva semplicemente con il cuore aperto, certa che il mondo dello spirito non l’avrebbe mai abbandonata.

Un nuovo inizio: dichiararsi medium
Arriva sempre un momento in cui, se stai seguendo un percorso nuovo e inaspettato, devi scegliere di esporlo apertamente. Per Suzanne, questo ha significato raccontare a un amico di lunga data, un ex collega militare, la sua nuova vocazione di medium evidenziale.
Il coraggio della verità
Non dev’essere stato facile ammettere di aver scelto una strada così lontana dai protocolli militari e dagli ambienti istituzionali. Eppure, Suzanne si rese conto che nascondersi avrebbe significato tradire se stessa e il dono che sentiva di poter offrire agli altri. Con un misto di paura e determinazione, decise di compiere il passo.
L’inizio delle prime letture
Da quel momento, le richieste di letture si moltiplicarono. Persone che avevano perso i loro cari cercavano in Suzanne una fonte di conforto, una prova che l’amore non muore con il corpo fisico. Ogni sessione era un’occasione per consolidare la sua fiducia nelle proprie capacità e per rafforzare l’idea che stesse percorrendo la strada giusta.
Messanger of Hope
Un giorno, una sua amica la chiamò per suggerirle di incontrare una donna da poco rimasta vedova. Le raccontò che si chiamava Suzanne e che era una medium “evidenziale”, un termine che la donna non conosceva. Aveva pensato si trattasse di qualcuno che predicesse il futuro o leggesse i tarocchi. E in quel momento della sua vita, il futuro le sembrava vuoto. Il suo futuro era con suo marito, e lui non c’era più. Si sentiva intrappolata, incapace di andare avanti.
Quando le due donne si incontrarono, Suzanne la accolse con dolcezza.
«Hai mai parlato con un medium prima d’ora?»
«No.»
«Va bene. Non so chi ci raggiungerà oggi, né chi speri di sentire. Chiuderò gli occhi e chiederò ai tuoi cari di farsi avanti. Ti dirò tutto ciò che vedo, sento o percepisco. Da te, mi basta un “sì”, un “no” o un “non lo so”. Non dirmi nulla in più.»
Le prese le mani e, a occhi chiusi, recitò una preghiera silenziosa. Subito dopo, disse:
«Sento una presenza maschile, molto forte. È nella posizione in cui normalmente sento un marito o un compagno. Hai perso tuo marito, vero?»
«Sì.»
«Sento che è una perdita recente, e che tutto è successo all’improvviso. Qualcosa di fisico, immediato. Un infarto?»
«Sì.»
«Eri con lui quando è successo?»
«Sì.»
Suzanne sorrise dolcemente:
«Mi mostra un telecomando. È una cosa piccola, ma ci tiene a farlo vedere. Ha un significato per te?»
«Sì, ha un senso.»
Poi aggiunse:
«È come se vi foste incontrati per caso, quasi per destino. È vero?»
«Sì, lo è.»
Poi arrivò il messaggio più potente. Suzanne chiuse gli occhi e disse con chiarezza:
«Vuole che ti dica, parola per parola: ‘Tu sei la cosa migliore che mi sia mai successa.’»
La donna si portò le mani alla bocca.
«Lo diceva sempre… Me lo diceva proprio così, guardandomi negli occhi. Lo diceva con tutto il cuore, e poi mi abbracciava.»
In quel momento, le lacrime scorsero silenziose. Quelle parole, così intime, così precise, non potevano provenire da nessun altro. Suzanne comprese, ancora una volta, il senso profondo del suo dono: offrire prove. Offrire pace. Offrire amore. Non si trattava di magia, né di superstizione. Era realtà. I nostri cari non ci lasciano mai davvero.
Quell’incontro fu uno dei tanti che la confermarono nel suo percorso. Persone sconosciute uscivano dalle sue letture con la certezza di non essere sole, con la sensazione che l’amore non finisce con la morte. Suzanne metteva il cuore in ogni messaggio, anche a costo di esporsi, di essere giudicata. Perché sapeva che quel momento — quell’unico, prezioso contatto — sarebbe rimasto con quella persona per sempre.
Il messaggio d’amore che trascende la vita
Ciò che emerge con forza da ogni testimonianza di Suzanne Giesemann è che il suo lavoro come medium non si limita alla “semplice” comunicazione con i defunti. Rappresenta piuttosto la trasmissione di un messaggio di speranza e di amore incondizionato.
L’amore oltre la morte
Nelle sue letture, Suzanne ripete spesso che l’amore non è solo un sentimento umano, ma un’energia che continua ad esistere anche al di là della vita terrena. Questa consapevolezza può dare grande conforto a chi soffre per la perdita di un coniuge, di un genitore o di un amico caro. Sapere che il legame affettivo rimane vivo aiuta a trasformare il dolore in una forma di gratitudine per ciò che è stato condiviso.
Vivere con pienezza
Un altro aspetto che mi tocca particolarmente è l’invito di Suzanne a vivere ogni giorno con la consapevolezza della nostra natura spirituale. Accorgersi che siamo più di un corpo fisico può cambiare radicalmente il modo in cui affrontiamo le sfide quotidiane. Ci rende più aperti, più empatici, e ci spinge a coltivare relazioni più profonde e autentiche.
Considerazioni finali
Dopo centinaia di letture, Suzanne ha compreso una verità profonda: questa vita è solo una parte di un’esistenza molto più ampia. Un percorso, una preparazione per ciò che viene dopo. Siamo qui per sviluppare la nostra parte divina, e ogni momento dovrebbe essere guidato da una sola domanda: “Sto davvero incarnando l’amore in questo momento?”
Questo lungo e straordinario viaggio l’ha trasformata dall’interno. Non era cresciuta con pensieri spirituali, ma oggi sa chi siamo davvero. Oggi lavora con impegno per mantenere l’equilibrio tra il suo ruolo di medium, quello di insegnante spirituale, e la sua vita insieme a Ty — nel cuore, sempre presente.
Perché se non siamo qui per amare, allora per cosa?
Se non ci siamo l’uno per l’altro, come potremmo mai superare il buio e risollevarci?
E davvero dobbiamo aspettare che il mondo cada a pezzi prima di imparare ad amarci come fratelli?
Domande frequenti sulla medianità e su Suzanne Giesemann
Spesso, quando si parla di medium e di contatti con il mondo spirituale, sorgono mille interrogativi. Ho pensato di creare una breve sezione di domande e risposte per chiarire alcuni dubbi comuni.
Cos’è la medianità evidenziale (evidential mediumship)?
La medianità evidenziale si basa sulla capacità del medium di fornire prove concrete dell’identità dei defunti, ad esempio nomi, ricordi specifici o dettagli di vita. L’obiettivo è dimostrare che la comunicazione va oltre la mera intuizione o l’ipotesi, offrendo riscontri verificabili.
Come si riconosce un medium autentico?
Un medium serio si concentra sul fornire dettagli precisi e controllabili, evitando frasi vaghe o generiche. Inoltre, tende a mostrarsi umile e pronto a spiegare i propri limiti: non esistono garanzie assolute, perché la comunicazione dipende da molte variabili, compresa la disponibilità dello spirito a comunicare.
La formazione militare di Suzanne influisce sul suo approccio?
Assolutamente sì. L’attenzione ai dettagli e la necessità di prove tangibili derivano dalla sua esperienza in Marina. Questo le permette di affrontare le letture con un metodo quasi investigativo, cercando elementi univoci che possano confermare l’autenticità del messaggio.
È possibile imparare la medianità o è un dono innato?
Secondo Suzanne e molti altri esperti, tutti abbiamo un certo grado di sensibilità. Alcune persone nascono con un talento più sviluppato, ma la tecnica si può apprendere e affinare, se c’è la volontà di studiare e di esercitarsi costantemente.
Qual è la differenza tra medium e sensitivo?
Un medium, come Suzanne Giesemann, comunica specificamente con i defunti, portando messaggi e prove tangibili della loro presenza. Un sensitivo, invece, ha la capacità di percepire energie e intuizioni senza necessariamente avere un collegamento diretto con i defunti.
Conclusioni
La storia di Suzanne Giesemann, dalla carriera militare a quella di medium evidenziale, è una testimonianza toccante di come la vita possa sorprenderci e trasformarci in modi inaspettati. Se c’è un insegnamento che porto via dalla sua esperienza, è che nessuna esperienza, per quanto dolorosa o sconvolgente, arriva nella nostra vita per caso. A volte, le crisi e le perdite più dure ci spingono a varcare soglie che non avremmo mai considerato, portandoci a scoperte spirituali profonde.
Se anche tu ti senti attratto dal mondo spirituale, o stai attraversando un periodo di dolore e cerchi risposte, spero che la storia di Suzanne ti abbia offerto uno spunto di riflessione e di speranza. Ti invito a esplorare, a chiedere, a cercare connessioni con chi può offrirti un aiuto professionale e sincero. La medianità, come ogni campo umano, richiede discernimento e onestà, ma può diventare un ponte meraviglioso verso una comprensione più vasta dell’esistenza.
Se hai domande, curiosità o vuoi condividere la tua esperienza personale, lascia un commento qui sotto. Sarò felice di leggerlo e di confrontarmi con te. Il dialogo è la chiave per crescere insieme, e chissà che la tua condivisione non possa dare coraggio a qualcun altro. Raccontami: qual è la tua idea sulla vita oltre la morte? Ti aspetto con gioia!
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